
Di scarpe, Michela Murgia, indossava il numero 38. Non sappiamo se l’autrice di “Accabadora”, vincitrice del Premio Campiello nel 2010, scomparsa due giorni fa a Roma a causa di un tumore che ha coraggiosamente raccontato attraverso i suoi seguitissimi canali social, avesse una particolare predilezione per un modello di calzatura piuttosto che un altro; di certo c’è soltanto il numero che – come confermato da alcuni componenti della sua famiglia queer – era appunto il 38. Non il 37, e neanche il 39. Ma il 38. In tante occasioni la si è vista indossare una scarpa décolleté bassa, tendenzialmente nera, con un tacco che non fosse mai sopra gli 8 centimetri.
In estate era possibile incrociarla tra le splendide strade della sua amatissima Sardegna con un sandalo basso o, perchè no, una Birkenstock vissuta. Ma sempre, in entrambi i casi, numero 38.
“Portava il 38 – ricorda commosso Girolamo Manna, giornalista e amico di una vita -. Una volta in un negozio sulla Prenestina trovai un modello che secondo me poteva piacerle. Così le telefonai per chiederle il numero. E lei mi disse, 38. Avevano il 38 e mezzo, e andò comunque bene”.
In tanti in queste ore di grande emozione ricordano poi quando nel marzo di quest’anno, a Teramo, in occasione della presentazione del suo ultimo libro, “Tre ciotole”, in cui sono presenti chiari riferimenti al suo dramma personale, la si è vista indossare un paio di sneakers Adidas bianche con sottili decorazioni blu che richiamavano il colore della maglia di puro cotone scelto dalla blogger per quella occasione. Qualche maligno sentenziò che quelle scarpe non fossero 38, bensì di una misura più grande per consentire di calzare il pedalino di spugna che – è risaputo – prende spessore.
Accuse alle quali l’intellettuale ha sempre evitato di replicare, mantenendo fede a quella natura libera e ribelle, sicuramente fuori da ogni schema, che solo e soltanto Michela Murgia ha saputo incarnare, regalando ai suoi milioni di lettori emozioni frutto di una mente superiore e sopraffina.